Prolonged grief disorder, stili di attaccamento e burden in caregiver di pazienti affetti da demenza

Elena Del Rio, Silvia Baraldi, Sara Bocchicchio, Maddalena De Matteis  Studi Cognitivi, Modena

La perdita di una persona cara si configura come uno degli eventi più traumatici nella vita di una persona e si caratterizza per un intenso e prolungato periodo di adattamento. Nella riflessione di relazione che cambia, il caregiver deve sottrarsi dalla percezione di un lutto costantemente vissuto nel presente.

Benché sia difficile definire un tempo prefissato per la risoluzione del lutto, dopo un certo periodo si assiste ad un progressivo cambiamento, con una riduzione del distress psicologico e dei sintomi fisici.

In alcuni casi tuttavia i soggetti colpiti possono presentare Prolonged Grief Disorder (PGD) (Prigerson, 2004). Lo sviluppo di problematiche psicopatologiche, specialmente di tipo depressivo, sembra essere legato in particolar modo alla durata dell’assistenza alla persona malata, ai livelli di ansia e depressione del caregiver e al costo emozionale prima del decesso. Tali caregiver presentano originariamente un problema di attaccamento insicuro che impedisce loro di affrontare la perdita e il lutto.

L’intento del presente studio è stato in primo luogo quello di valutare all’interno di un campione di caregivers di familiari con malattia di Alzheimer (AD), o altro tipo di demenza, l’incidenza di Prolonged Grief Disorder (PGD) in assenza di una perdita reale, e verificare l’associazione tra PGD e burden del caregiver. Si è cercato quindi di andare a verificare come il PGD possa associarsi sia alla presenza di stili di attaccamento insicuro, sia ad una diversa manifestazione dei livelli di burden (Stroebe et al. 2005).
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2017/05/prolonged-grief-disorder-attaccamento-caregiver-pazienti-demenza/

Le implicazioni degli stili di attaccamento nella relazione tra caregiver e pazienti affetti da demenza

La teoria dell’attaccamento aiuta a comprendere la relazione tra pazienti con demenza e familiari e a capire come l’attaccamento influenzi i caregivers.

Silvia Baraldi e Elena Del Rio – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

In letteratura la teoria dell’attaccamento viene utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche subordinate alla cura delle persone affette da demenza e dei familiari, osservando come l’attaccamento influenza l’esperienza nel ruolo di caregiver.

L’assistenza all’anziano con patologia degenerativa come la demenza comporta problematiche di grande complessità e richiede risposte specifiche sia per le esigenze del malato, ma anche per coloro che se ne prendono cura, i così chiamati caregivers.

Il ruolo del caregiver diventa cruciale sin dalle prime fasi della malattia ed è frequente che il famigliare stesso possa sviluppare una condizione di stress, sia sul piano fisico sia emotivo, legata al gravoso compito di assistenza e accudimento, sia per il carico fisico e per la presenza di disturbi del comportamento che la malattia comporta, sia per gli inevitabili cambiamenti nella relazione tra il caregiver e il paziente.

Sono presenti numerosi lavori e studi che confermano l’importanza del ruolo di caregiver nel processo assistenziale e nella necessità di sostenere tale figura per apprendere le conoscenze e le risorse idonee a ricoprire il nuovo ruolo; per elaborare e vincere sentimenti di colpa e disagio psico-emotivo che la malattia porta (Kupferschmidt et al. nel 2009).

Messaggio pubblicitarioIn letteratura la teoria dell’attaccamento viene utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche subordinate alla cura delle persone affette da demenza e dei familiari, osservando come l’attaccamento influenza l’esperienza nel ruolo di caregiver. In generale la teoria dell’attaccamento può essere considerata come un approccio con radici concettuali complesse e multiple che evidenzia come aspetto essenziale la presenza nell’uomo di un bisogno innato di ricercare per tutto l’arco della vita la vicinanza protettiva di una figura significativa ogni volta in cui è in pericolo, soffre, ha bisogno o è in difficoltà. Questo bisogno innato però fin da subito viene integrato con le esperienze derivanti dall’ambiente in cui l’individuo viene a trovarsi. Quindi la tendenza dell’uomo a cercare la vicinanza delle figure di attaccamento corrisponde ad una conoscenza che è su basata su uno schema innato, ma che per diventare completamente operativo deve essere integrato con le esperienze relazionali concrete, in questo senso, infatti la qualità delle prime relazioni con il caregiver nell’infanzia influenzano lo sviluppo dei modelli operativi interni, delle aspettative verso Sé e altri e forniscono le basi per nuove esperienze e interazioni sociali.

Nell’infanzia, durante il primo anno di vita, i bambini, all’interno della relazione con il caregiver, si creano delle aspettative circa il rapporto con la figura di attaccamento, organizzando così dei Modelli Operativi Interni, formati dall’insieme di memorie episodiche e semantiche, quindi sia dell’esperienza emotiva che cognitiva, e di rappresentazioni del Sé e dell’altro significativo. Questi modelli determinano quelli che sono i comportamenti di attaccamento e che sono stati divisi in:

  • Attaccamento sicuro (Sé amabile, accettato; altro accettante, fornisce cure e protezione, stabile; memoria episodica e semantica integrate; strategie usate nella relazione e nell’esplorazione dell’ambiente sono le più diverse, in generale di avvicinamento alla figura di attaccamento se c’è pericolo e di esplorazione se non c’è pericolo)
  • Attaccamento insicuro evitante (Sé rifiutato, non degno d’amore; altro rifiutante; memoria semantica ed episodica non integrate; strategia più utilizzata nella relazione è l’evitamento)
  • Attaccamento insicuro ambivalente (Sé degno/non degno d’amore, altro accettante/rifiutante; memoria semantica ed episodica non integrate; strategia più usata nella relazione è il tentativo di tenere il controllo relazionale con comportamenti seduttivi e/o con modalità aggressive)

La teoria del’attaccamento non prevede una stabilità assoluta, durante tutto l’arco della vita, dello stile di attaccamento appreso durante l’infanzia anche se i modelli operativi interni sono molto resistenti al cambiamento; la possibilità al cambiamento si lega alla capacità di riflettere sui propri modelli interni e alla possibilità di esperienze relazionali correttive (Bartholomew K, 1993).

La teoria dell’attaccamento è stata ampiamente utilizzata come base per la comprensione delle dinamiche sottostanti la cura delle persone bisognose, in particolar modo delle persone affette da demenze e delle differenze che i diversi stili di attaccamento nei caregivers possono comportare nella nuova relazione che si crea. La demenza, infatti, minaccia il legame di attaccamento, con la progressione della disabilità cognitiva e funzionale, si possono attivare sentimenti di attaccamento, come il ricercare sicurezza e vicinanza, bisogno di dipendenza, richiesti al caregiver.

Questa nuova relazione permette al figlio di ripristinare il primario legame di attaccamento verso il genitore, come conseguenza il figlio si adopera in comportamenti protettivi e di aiuto, per mantenere la vicinanza e un trasmettere un senso di sicurezza verso il genitore fragile. Nel contesto di accudimento e attivazione del sistema assistenziale, l’ attaccamento sicuro risulta essere in relazione con una serie di risposte, tra cui:

  • La conoscenza di scelte di vita del malato (Turan, Goldstein, Garber, e Carstensen, 2011);
  • Il sentirsi preparati ad intraprendere il ruolo di caregiver ( Sorensen, Webster, e Roggman, 2002);
  • La probabilità di fornire sostegno e assistenza (Carnelley, Pietromonaco, e Jaffe, 1996);
  • Essere predisposti all’aiuto (Klaus, Kennell, e Klaus, 1995);
  • La qualità delle cure fornite per la persona malata (Cicirelli, 1991).

I dati presenti sul panorama scientifico, portano nella direzione per cui un caregiver sicuro può essere visto come in grado non solo di usufruire dei supporti sociali esistenti ma, soprattutto, di affrontare e integrare le emozioni riguardanti il proprio congiunto, riuscendo ad essere emotivamente più disponibile e diminuendo la sensazione soggettiva del carico che la malattia comporta, il ‘burden’ (Pezzati et al, 2005) .

Di fronte ad eventi come la diagnosi di una malattia cronica, un caregiver sicuro può avere un miglior adattamento nelle situazioni di stress. All’opposto, stili di attaccamento di tipo insicuro in un caregiver possono riversarsi in situazioni di maggior conflitto, sentimenti ambivalenti e difficoltà nell’affrontare e regolare le emozioni. I dissidi irrisolti ma anche quelli presenti, mai affrontati nella propria storia di vita, condizionano i momenti difficili della situazione di cura. I caregivers con stile di attaccamento sicuro, sono accoglienti nel modo di fornire conforto e sostegno, mentre caregivers con stili di attaccamento insicuro, faticano a supportare il malato o tendono ad evitare situazioni in cui è richiesto il supporto o nella situazioni in cui il bisogno di dipendenza da parte del malato risulta elevato (Bartholomew & Horowitz, 1991).

In diversi studi, come quello di Carpenter (2001), è stato osservato come lo stile di attaccamento, delle figlie che si occupano di madri anziane, era correlata al tipo di cure fornite; figlie con attaccamento sicuro riescono a fornire cure più emotive (vicinanza, protezione, sicurezza) rispetto all’attaccamento insicuro. Inoltre nello stesso studio, confermato anche in altre ricerche, lo stile di attaccamento sicuro risulta in relazione di una più bassa percezione del burden della cura (Carpenter, 2001; Cicirelli, 1993), mentre stili di attaccamento insicuro risulta maggiormente correlato ad una percezione di carico maggiore e alla presenza di sintomatologia depressiva (Gillath, Johnson, Selcuk, e Teel, 2011). Come sottolineato da Carpenter, in condizioni di disagio un adulto con stile di attaccamento insicuro può avere delle difficoltà a trovare le risorse per fornire cure sensibili ed efficaci ad altre persone; una persona relativamente sicura potrà invece percepire gli altri, non solo come fonte di sicurezza e supporto, ma anche riuscire a comprendere i bisogni degli altri e apportare sostegno.

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    Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2015/11/attaccamento-caregiver-demenza/